Vinicio alla stazione

Ok. Ci risiamo. Sono alla stazione di Madonna dell’Arco.

(A Maronn e l’arc!!!)

Sei proprio un buzzurro.

(Sort)

Sono praticamente tra i cazzi miei. Gironzolo. Fuori non posso uscire perché fa nu cazz e fridd. La sigaretta già l’ho fumata, aspetto di accendere quella che dovrò buttare perché, nel frattempo, sarà arrivato il treno (Murphy, tien e corn)

Mi metto dentro la stazione a guardare le scritte sui muri. So che non sono l’unico a farlo. Alla fine ci lamentiamo tanto di ‘ste scritte, ma sono un buon modo per ingannare il tempo. Vicino al muro dove sono parcheggiato (sto a piedi, ma non mi veniva in mente un altro termine), ho già letto tutte le scritte. Torno ad annoiarmi.

Ad un tratto una signora, un po’ tozza, un po’ barbona, con una busta un po’ in mano, esclama con un tono di voce un po’ normale, ma di chi si vuole far un po’ sentire:

“Wa ch scemità ch sta scritt”

Stava leggendo pure lei le scritte sui muri.

Ok.

La ignoro.

Non basta.

Gironzolo. Altri tre passi e lei ripete:

“Ch scemità ch sta scritt”.

Ho capito.

Sorrido.

Faccio capire che ho sentito.

Non sono solo. Sta altra gente…

Ma mi sento chiamato in causa.

È come quando sei in aula e, dopo che il professore ha fatto una domanda, visto che nessuno sa rispondere, cala il silenzio. Tu sai che sei colpevole. Devi sapere che cazzo vuole. Toccherà a te rispondere prima o poi. Il professore senta la tua paura.. SEI TU LA FECCIA DELLA SOCIETÀ! TUU!!!

La signora si gira, mi fissa e mi dice..

“Guard ch sta scritt..”

Wa mannagg’.. M’ha fatt..

(Professò io mi giustifico..)

(Ti prego! Fai che non sia una di quelle fottutissime scritte “cerco cazzo o cerco fica”! Facciamo che la signora sia normale! Dai! Dai!)

Mi avvicino. Leggo. E per far capire che lo sto facendo, leggo ad alta voce.

Sono salvo. È na dichiarazione d’amore scema con tanto di conclusione scontata “Giggino+Genoveffa” (non ricordo i nomi).

Non ci trovo niente di interessante, ma soprattutto, alla fine non è ‘na cosa così assurda. Nonostante questo, abbozzo un sorriso.

Non basta.

“Hai visto ch’ scemità?”

“Eh, sì” rispondo. (Ma cosa..?!)

“E ch’ré?” (Che cos’è?) mi chiede lei.

“No, è solo una frase d’amore” rispondo io.

“Ch’ré?!” (La signora non ha capito)

“Una frase d’amore” ripeto. (S’è ncantat’ o’ disc’?)

E ad un tratto, lei mi chiede..

(Suspance)

“L’amore? E ch’ ré?”

M’ha fatt’… N’ata vot’.

Mi ha spiazzato.

Ma che domande sono?

(E mo ch’ facc’..?)

Mi invento qualcosa.

“Eh.. No, cioè.. Giggino e Genoveffa.. Si vogliono bene”.

(…)

(Sei talmente squallido che non riesco manco a prenderti per il culo)

Grazie.

(Prego)

(Ricostruiamo la definizione che ho appena dato: “L’amore è che Giggino e Genoveffa si vogliono bene”… Minchia… Da dove l’hai presa ‘sta frase? Chi è ‘sto filosofo? Kant? Complimenti!!! Quindi dicevi…? Tu sei laureato eh? Dottore in Lingue e Letterature dell’Europa e delle Americhe. Minchia…)

“Ah..” esclama la signora, fingendo di avermi compreso. (Signò scusatelo. Il ragazzo beve).

E a questo punto, lei mi guarda. E poi… Con fare disinvolto…

(Lo so. Lo so. Lo so miei cari sapientoni. Ora vi aspettate tutti che la signora in realtà sia una saggia donna che, facendomi una spiegazione profonda sull’amore, mi apre le porte per un nuovo universo, facendomi decidere di diventare un eremita del cazzo sopra una montagna solitaria a riflettere sul significato della vita e sul perché il pallone sia rotondo. Eh eh eh… E invece no).

Riguarda la scritta con un sorriso beffardo sul volto e, saggiamente, commenta in questo modo:

“Ah..

(Pausa)

Ch’ scemità!”

(..Beh.. Per l’amore di Giggino e Genoveffa è di certo una conquista. Guagliù, la signora non ha apprezzato).

Sorrido e così, ne approfitto della risposta soddisfacente, e mi butto al freddo e al gelo, fuori la stazione. Decido di iniziare a scrivere la storia che in questo momento stai leggendo. E mentre batto le parole sul cellulare, sento alle mie spalle la signora rivolgersi ad un’altra povera anima in attesa del treno:

“Ah, ch’ scemità… Guard’ ch’ sta scritt’..!!”.

(T’ha fatt’)

Non sento la risposta del ragazzo perché ormai già mi sono allontanato.

Ma la domanda della signora mi rimane nella testa.

“Che cos’è l’amore?”

Eh..

Non posso far altro che pensare a Vinicio Capossela.

Inizio a canticchiare la canzone.

L’amore..? E ch’ré?

E i capoluoghi della Lombardia?

E la lunghezza del Po?

Mannag’…’Na vot’ ‘o sapev’..!

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