[Via Banchi nuovi, Napoli – Una telefonata in entrata al 112]
- Carabinieri…
- Buonasera, chiamo da Via Banchi Nuovi, vicino palazzo Giusso…
- Dica…
- Come..?
- Dica, ho detto DICA…
- Ah sì, scusi… Praticamente qui sta avvenendo un’aggressione. Stanno malmenando un ragazzo…
- Nessuno sta intervenendo..?
- Purtroppo no. Non c’è nessuno. Sto solo io…
- Ma CHI sta malmenando CHI..?
- No… È un ragazzo. Trent’anni al massimo. Ha un cappello invernale in testa… Un giubbot… Scusi un attimo.. Hey! HEY!!! Ma che cazzo fai?!
- Che succede..?
- HEY!!!
- Che sta succedendo?!
A questo punto Dimitri riportò l’attenzione sulla telefonata.
- No… L’aggressore ha preso una mazza dal cofano… Mi sto avvicinando…
- No! Stiamo arrivando! Non intervenga, stia lontano! Ci pensiamo noi…
- Scusi un attimo…
- Come?
- Un secondo…
Dimitri abbassò il telefono di botto, ma non attaccò. Aveva visto qualcosa di strano, particolare.
Una figura era stesa al suolo, priva di sensi e l’aggressore, da vicino, stava assumendo delle sembianze alquanto familiari. A questo punto, Dimitri, silenziò il microfono del cellulare.
Deciso improvvisamente a vederci chiaro nella faccenda, da che si stava avvicinando a passo svelto, iniziò a correre verso i due sconosciuti.
A una decina di metri dall’aggressione in atto, riconobbe la figura.
- Riccà, ma che cazzo stai facendo?
Riccardo non si fermò subito. Quasi pareva che avesse ignorato le parole del compagno. Con la mazza colpí forte contro lo stomaco della povera vittima. Fatto questo, si voltò in direzione di Dimitri, ormai al centro di questa scena splatter.
- È quel figlio di puttana di Sarnese, Dimí. Dovresti sapere che sto facendo… È roba tua…
Sentito il cognome, Dimitri si voltò istintivamente verso il corpo disteso al suolo.
Eccolo lì. Fermo. Svenuto. Alla portata di un calcio… Nicola Sarnese.
Non dovette neanche pensarci due volte. Già sapeva cosa c’era da fare.
- “Vabbuò Riccà… Vatten’. Stann’ vnen’ e’ guardie’…” gli disse cambiando velocemente registro.
- Chi l’ha chiammat’..?
- So’ stat’ ij, vatten’. Ci penso io.
Infastidito della scelta del suo superiore, Riccardo non rispose. Rimase in silenzio. Passò lo sguardo da Dimitri alla salma di Nicola Sarnese. Gli diede ancora un calcio e si avviò verso la macchina, ferma in mezzo alla strada.
“Vir ch’ e fa…” disse prima di sparire all’interno dell’autovettura.
La rummeria era chiusa, così come i locali della piazza. Di giovedì sera, alle 4 di notte, chi vuoi che ci sia ancora in giro?
Dimitri aspettò che Riccardo mettesse in moto, prima di riattivare il microfono del cellulare.
- Scusi, è ancora in linea?
- Si! È successo qualcosa..!?” domandò il carabiniere.
- Si… Credo che il ragazzo sia morto… No, anzi… Abbastanza certo. C’è un morto in piazza…
- …MA COM…?!
La telefonata si interruppe.
Dimitri prese la pistola e la poggiò sulla tempia di Nicola. Troppa dimestichezza in quei gesti… Di chi non era la prima volta che impugnava un’arma. Tolse la sicura e per un attimo, Sarnese, riaprì gli occhi. Sbiancò consequenzialmente alla vista dell’italo-russo rannicchiato al suo fianco.
“N.. No…” ma non ebbe il tempo di aggiungere altro.
“Sarnè… È proprio vero quello che hanno detto. Questa sera… C’è stato un morto in piazza…” e il colpo perforò la tempia di Sarnese da parte a parte.
Una scia di sangue imbrattò l’asfalto adiacente. Lucida, quasi cristallina, ma perfettamente visibile sulle pietre nere della strada.
Fatto questo, Dimitri si incamminò verso Via San Sebastiano e, preso il cellulare che aveva riposto qualche secondo prima nella tasca del cappotto, lo fracassò sotto il tacco dello stivale, recuperando i pezzi più grossi dalla strada. C’era bisogno di spezzare la scheda.. Ma tanto, non era nemmeno intestata a lui. Lo avrebbe fatto con calma a casa.
C’erano tante cose da fare…
Un funerale da organizzare.
E tanto tempo per pensare.