Un anno.
Beh. Che dire…
Sembra ieri quando per la prima volta ti ho vista mentre fumavi lungo la strada opposta l’esterno del Cellar.
Arrivasti insieme ad un’amica e passando per la porta del locale, si fermarono tutti i clienti tra l’ingresso e l’uscita per potervi osservare.
Si fermarono i clienti, si fermò il tempo, si fermò la mia vita.
Bellissima, dolce, inarrivabile.
Praticamente nulla di paragonabile a tutto il resto.
Tu viaggiavi su altri livelli.
Tu, eri di un altro pianeta.
Pensandoci.
Pezzali deve aver scritto un pezzo di questo tipo, o se non l’ha fatto, lo farà prossimamente.
Max è sempre attivo, Max non muore mai.
Tornando a noi.
Ci volle giusto un secondo per convincere i miei amici a rientrare nel locale.
Vi guardammo passare e fu tipo:
Vabbè andiamo?
Andiamo.
Ci sedemmo al tavolo di fronte al vostro. Ed io e te, eravamo praticamente faccia a faccia. A un tavolo di distanza.
Al vostro tavolo, un vecchio aveva iniziato a parlare con la tua amica.
C’era tanta gente quella sera al Cellar ma nessuno avevo avuto il coraggio di avvicinarsi.
Jack – il vecchio, sicuramente aveva più palle di tutti i presenti messi assieme (aiutato sicuramente da una buona dose di alcool, droghe, o tante cose messe assieme).
Posai il mio sguardo sul tuo.
E dopo un’istante, o forse anche due, capii che non mi potevo più spostare.
Ad un tratto, anche tu mi guardasti.
E lì, iniziarono le paranoie.
Le sensazioni furono infinite, ma soprattutto…
Cosa cazzo hai da guardare?
No, cioè non voglio prendere questioni. Guarda pure, ma…
Parliamone.
Ti sto guardando.
Effettivamente questa è la cosa più logica che si possa fare, con te in una stanza.
Cioè guardati.
Ok adesso non puoi farlo, ma quando vai a casa mettiti davanti allo specchio e guardati.
Cioè, ciao.
Sei perfetta.
Ti risparmio gli approcci del tipo: “ma quando sei caduta ti sei fatta male? Wa perché sei una stella!”.
No, davvero. Non si può.
Ma tu, sei stupenda.
Un angelo.
Una divinità.
Sei spettacolare.
Cioè, in realtà non ci sono termini adeguati per definire la tua bellezza, dovrei chiamare il bambino di “petaloso” e abboffarlo di compiti a casa per fargli trovare il termine mai coniato per definire te.
Probabilmente inizierebbe a piangere, chiamerebbe la mamma e finirei per scontare qualche piccola condanna, ma per te ne varrebbe la pena.
Comunque, questa sei tu.
Passiamo a me, e al mio outfit di quella serata al Cellar:
Ho appena finito di suonare, per un contest in cui scopriremo che non passeremo neanche la prima fase, con vestiti ancora bagnati di sudore, ascella sudata, vestiti abbinati male, i capelli non ne parliamo proprio e tu…
Che cosa hai da guardare?
Ci sono varie opzioni:
a. Mi stai guardando perché stai cercando di capire se ti sto fissando?
Sì, ti sto guardando.
Sappilo: sarò il tuo stalker a vita. Odorerò il bicchiere da cui stai bevendo se per caso dovessi uscire in questo momento dal locale.
b. Sei miope e non riesci a focalizzare bene oltre i due metri di distanza?
c. Stai osservando qualcosa alle mie spalle? Ok non c’è nessuno.
E allora che cazzo HAI DA GUARDARE?!
“Ohi Dà, quella ragazza ti sta praticamente mangiando con gli occhi”
Ok. Adesso è chiaro.
…
Ci sorridemmo.
Ci scrutammo, ci osservammo, iniziammo a mandare i primi segnali.
Un amico da piccolo, aveva parlato di gioco di sguardi.
Io e te, semplicemente con gli occhi, stavamo già facendo l’amore.
(Uhhhh, sporcaccioni)
A qualche metro di distanza, semplicemente con lo sguardo, avevamo distrutto cioè che c’era attorno, rielaborato la struttura del locale, e senza toccarci ne sentirci, semplicemente con gli occhi avevamo bypassato tutte le formule tradizionali e senza troppi “se” e troppi “ma”, eravamo già seduti ad un tavolo in privato a parlare.
Fu il più bel discorso mai parlato della mia vita.
Ma le cose comunque… Non furono così semplici.
Ci volle una bella dose di coraggio (alcool) e qualche giro del locale per potermi avvicinare.
Iniziò tutto con una strategia del branco.
Praticamente, facemmo un giro, e poi ci sedemmo al tavolo alle tue spalle.
Strategie, tzè!
Io e te eravamo quasi schiena e schiena.
Percepivo che ti volevi girare.
Il vecchio continuava a parlare e così…
Mi decisi.
“Se ti stai annoiando, puoi parlare con noi”
Tu dicesti: No.
E finì la.
Non è vero, tu dicesti: va bene.
E sorridesti.
Il più bel sorriso che io abbia mai visto.
Satana avrebbe giurato fedeltà a Dio se so solo tu glielo avessi chiesto.
Hitler avrebbe perseguito i suoi sogni d’artista, se solo tu gli avessi sorriso.
Dante avrebbe detto “ciaone” a Beatrice se solo ti avesse incontrata.
La serata proseguì per ore e ore. Gli amici che c’erano al locale non potevano crederci che avevamo iniziato a parlare con voi.
Io e te, cominciammo a parlare al VomeVo, e finimmo al centro storico.
Fu a Piazza Bellini.
Tra le cinque e le sei del mattino, quando finalmente mi decisi.
Mi guardai attorno, presi coraggio, e ti baciai.
Tutto era tornato al suo posto.
Niente era mai stato in disordine.
E dopo un anno, quando mi risveglio al mattino, e trovo il tuo viso accanto al mio…
Capisco che non c’è altro da ricercare aldilà del tuo sguardo.
Non c’è fame di cui possa patire, con le tue labbra.
Non c’è freddo che possa ferirmi, quando sei tra le mie braccia.
Perché il mio universo ha un aspetto semplice.
Due occhi, le più belle labbra, un sorriso…
(E tette e cu… No! Fai il bravo)
E si riduce lì,
il mio infinito
e la mia casa,
in te.
E mi basta questo.